Esistono temi che, per la loro portata, prescindono dagli orientamenti politici cui si fa riferimento. Si tratta di aspetti della vita sui quali le scelte sono necessariamente individuali, legate alle proprie convinzioni. Su queste materie, i cittadini devono poter essere messi in condizione di informarsi e compiere le loro scelte. Compito dell’Amministrazione pubblica è quindi dotarsi degli strumenti necessari e metterli a disposizione della comunità.
A Quart lo abbiamo fatto nel marzo di quest’anno, risultando il primo comune valdostano, su un tema che, a mio modo di vedere, rientra squisitamente tra quelli di cui ho appena parlato. Tecnicamente si chiamano “dichiarazioni anticipate in materia di autodeterminazione”, ma sono certo che usare il termine “Testamento biologico” sarà molto più chiaro per tutti. In sostanza, i cittadini possono decidere, e appunto dichiararlo anticipatamente, quali terapie non intendono accettare in caso di incapacità, ma anche se si intende ricevere assistenza religiosa, come gestire il funerale, o se essere cremati.
Sono particolarmente soddisfatto del traguardo raggiunto, sia perché concretizza un progetto proposto ai cittadini in sede di programma elettorale, sia perché sul tema, il Consiglio comunale ha trovato l’unanimità, ad ulteriore conferma della sensibilità trasversale che attiene a materie del genere. Per arrivare ad istituire il Registro delle dichiarazioni e ad approvare il Regolamento del “testamento biologico” è stato necessario un percorso di alcuni mesi, con confronti a vari livelli. Dal punto di vista pratico, devono essere nominati due fiduciari per attuare le proprie volontà e le dichiarazioni depositate potranno essere revocate in qualsiasi momento.
Sulla scorta della nostra iniziativa, altri comuni si sono mossi e, in quella che mi piace vedere come un’emulazione positiva, hanno arricchito il novero degli Enti locali della regione dotati del Registro e di un regolamento. Tra questi, cito come emblematico il caso di Aosta, capoluogo regionale, ma anche Pont-Saint-Martin ed altri che, da quanto vedo e sento alle riunioni del CELVA/CPEL, si stanno muovendo. Insomma, grazie alla presa di coscienza dei singoli amministratori, sempre più valdostani possono esercitare un diritto che ritengo civile e basilare: scegliere cosa fare della loro persona, in caso di difficoltà.
Se in Valle, la situazione è questa ed è soddisfacente, quella a livello dello Stato è ben diversa e mi limiterò a raccontarla, lasciando trarre le debite conclusioni ad ognuno. Da 491 giorni, infatti, il Parlamento posticipa di mese in mese la discussione sul testamento biologico. In Commissione alla Camera ci sono stati ben 2 rinvii – il primo di due mesi, il secondo di uno – per poi passare all’Aula con ulteriori due mesi di ritardo. E dall’Aula ancora 2 rinvii – di un mese e mezzo, poi di un mese – prima di arrivare all’approvazione della Camera in prima lettura. Repentino invece il passaggio al Senato. Insomma, il ritardo accumulato finora arriva a sette mesi e mezzo sui sedici di discussione totale.
A preoccupare, come denunciato da varie associazioni storicamente vicine a questi temi , è il fatto che, con venti di scioglimento delle Camere che si levano nemmeno troppo flebili, il rischio di non giungere al termine dell’iter legislativo esiste. Com’è noto, in un caso del genere, il cammino percorso si interromperebbe e andrebbe ripreso da zero, dai nuovi componenti del Parlamento.
Ora, sul confronto tra quanto fatto nella nostra regione e lo spettacolo che sta invece offrendo lo Stato, si potrebbero sviluppare numerose considerazioni. Alcune finirebbero però con il risultare di speculazione politica. Non mi interessano e le lascio ad altri, con ambizioni forse diverse da quelle di un Sindaco preoccupato delle condizioni della sua comunità. Però, quello che mi sento di dire è che, in fondo, l’ingrediente segreto in queste situazioni si chiama semplicemente: volontà. Forse troppo silenziosi, forse ermetici in altre circostanze, ma in Valle d’Aosta sappiamo bene dove trovarlo nella credenza della buona Amministrazione. Altrove, sembra che la strada sia ben più in salita.
Peccato, perché a rimetterci, per l’irresponsabile riluttanza ad assumersi responsabilità di tipo politico-legislativo, sono i cittadini. Non è giusto e vado personalmente fiero di vivere in un luogo che, grazie ai passi che ha mosso, rappresenta un’eccezione al trend generale, contribuendo alla dimensione civile della comunità.
